Comune di Selargius

“Antiga coja” in salsa campidanese

Da l'Unione Sarda di lunedì 10 settembre 2012 - Provincia di Cagliari 

LA FESTA. Il tradizionale Matrimonio selargino ha vissuto ieri mattina la sua 52ª edizione


Sull'altare Antonio Concu di Settimo ed Elena Nioi di Sestu


Grande folla nella chiesa dell'Assunta per il matrimonio celebrato in sardo da don Gigi Melis. Applausi, alla fine, per il rito della catena e il volo dei colombi.


SELARGIUS Forse bisognerebbe cambiargli il nome. Perché il Matrimonio selargino, “s'antiga coja”, esce sempre più fuori dai confini del centro dell'hinterland cagliaritano. «È diventato il matrimonio campidanese», dice il sindaco Gian Franco Cappai. A testimoniare la trasformazione i due sposi scelti per la 52ª edizione della manifestazione: lei, Elena Nioi è di Sestu; lui, Antonio Concu, “torre” d'uomo alto quasi due metri (l'abito sardo gli è stato, ovviamente, cucito su misura) di Settimo San Pietro; hanno potuto varcare le porte della chiesa dell'Assunta grazie al padre dello sposo, selargino doc.

LA GENTE Un cambiamento che non sembra essere minimamente dispiaciuto ai selargini che vivono questo momento sempre più come la loro festa. Se la messa, prevista per le 11, è iniziata con mezzora esatta di ritardo, è anche per l'accoglienza che gli abitanti del centro hanno riservato ai tanti gruppi folkloristici provenienti da tutta l'Isola che hanno sfilato prima della cerimonia: un abbraccio tanto forte da far saltare tutti i programmi (nonostante la diretta di Videolina obbligasse a rispettare i tempi). E così la lunghissima processione di costumi sardi è arrivata in ritardo nel piazzale della chiesa. Dove ha avuto una supplementare dose d'applausi il gruppo di Samugheo, il paese, ha ricordato lo speaker che seguiva il corteo, di Rossella Urru.

IL RITO Ma, alla fine, i sposi, accompagnati dai quattro testimoni (ovviamente, anche loro in abito sardo), sono riusciti ad arrivare davanti al parroco di Nurri don Gigi Melis, che doveva celebrare la messa in lingua sarda. Una cosa gradita a quei selargini che sono riusciti a entrare in chiesa (gli altri hanno seguito tutta la manifestazione al maxischermo allestito davanti alla chiesa). Una curiosità per quei turisti italiani che sono riusciti a capire qualcosa soltanto grazie agli speciali “messali” distribuiti in chiesa.

L'OMELIA Non sono, invece, riusciti a capire praticamente neanche una parola della lunghissima omelia di don Melis. Un sermone che è servito per ringraziare chi ha reso possibile la 52ª edizione de “s'antiga coja”. L'omelia ha, naturalmente, messo l'accento sull'aspetto religioso del matrimonio. Ma don Melis ne ha approfittato anche per fare qualche ragionamento più “politico”: ha criticato i capi di governo che puntano sul “rigore” (riferimento a Monti?) e quelli che rifiutano is amnistias, is gestus de clementzia . Ma se l'è presa anche con il divorzio, l'aborto e l'eutanasia, cose, ha sostenuto, che insidiano l'amore.

IL MATRIMONIO Una lunghissima omelia, una parte della messa in italiano. E, finalmente, il momento clou con lo scambio degli anelli e le promesse reciproche. A seguire il rito, insieme ai rappresentanti dei gruppi folkloristici (ma in tanti non sono riusciti a entrare e, nel piazzale, si sono esibiti in balli sardi improvvisati, accompagnati dai suonatori di organetto e launeddas), i sindaci di tanti centri del Campidano, l'assessore provinciale Piero Comandini e l'assessore regionale Antonello Liori.

L'USCITA Tutti sono rimasti al loro posto sino alla fine. Sino al momento in cui i due sposi hanno lasciato l'altare e si sono portati all'ingresso della chiesa dove hanno vissuto l'ennesimo momento toccante della cerimonia, quello della catena che univa il dito di Antonio alla vita di Elena. E poi hanno lasciato partire in volo due colombi. Hanno anche ricevuto gli auguri della coppia straniera di quest'anno, due ucraini (accompagnati da giovanissimi rappresentanti di un gruppo folk) che si sposeranno l'anno prossimo. L'ultima tappa nella vicina chiesetta di San Giuliano dove le promesse di amore eterno dei due sposi sono state sigillate dentro le tradizionali urne che saranno custodite, per 25 anni, dalla confraternita del Rosario: allo scadere del tempo, saranno aperte per verificare se quanto promesso si sarà avverato.

Marcello Cocco

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