San Giuliano

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Chi desiderasse visitare la chiesa di San Giuliano può rivolgersi al Priore della Confraternita della Vergine SS. del Rosario, Sig. Walter Rosa, al numero di telefono 3473884692 per fissare un appuntamento.
Il parroco delle chiese di San Giuliano e di Maria Vergine Assunta è Don Ireneo Schirru, reperibile al numero 070/842641.





LA CHIESA DI
SAN GIULIANO


La suggestiva chiesa di San Giuliano – Fotografie da 1 a 8 -, edificata nel periodo che va dagli ultimi decenni dell’XI secolo ai primi del XII, come uno scrigno prezioso è custodita nel cuore stesso della città di Selargius, tra le vie S. Nicolò e S. Giuliano del centro storico. Le  dimensioni dell’edificio romanico, la cui superficie coperta è di 115 mq - ai quali vanno ad aggiungersi i 500 mq dell’area ad esso circostante -  lasciano supporre che possa trattarsi della più piccola chiesa romanica a tre navate di tutta la Sardegna. Tuttavia, nonostante le modeste dimensioni, lo splendore di San Giuliano cattura già a un primo sguardo il visitatore grazie alla sobrietà e all’eleganza delle sue linee architettoniche. L’edificio, orientato sull’asse est-ovest e con facciata ad occidente, è sopraelevato di circa 1,75 metri rispetto al piano viario esterno; si suppone che tale escamotage sia stato adottato, ab origine, per preservare la chiesa dalle frequenti alluvioni che un tempo colpivano tanto la campagna quanto il centro abitato di Selargius. Da segnalare l’ampliamento del cortile, avvenuto nei primi anni ’80, grazie all’acquisto di un’abitazione privata prospiciente l’edificio sacro ad opera del Comune di Selargius. La casa, nota come “Casa Collu”, apparteneva all’omonima famiglia. All’esterno, di fronte al portico anteriore della chiesa, è possibile scorgere  un cerchio bordato di medie dimensioni – fotografia n° 9  {phocagallery view=category|categoryid=51|imageid=408|displaybuttons=1|displaydescription=1|enableswitch=0|type=1}- posto a terra, nel lastricato: al suo interno ogni anno, alla vigilia della festa in onore di San Giuliano, che viene celebrata il 9 gennaio, è acceso un falò, in sardo denominato “Su fogadoni”.
Il portico, sorretto da tre arcate che in parte nascondono la facciata romanica, è stato aggiunto all’edificio in epoca successiva, tra il XIII e il XIV secolo; non sarebbe un paragone azzardato sostenere che, sotto certi punti di vista, richiama alla mente i loggiati delle antiche case campidanesi, le cosiddette lollas. Per le colonne e i pilastrini sui quali si regge sono stati utilizzati frammenti di varia provenienza, perfettamente in linea con l’orientamento artistico-architettonico dell’epoca, tendente ad utilizzare materiali di spoglio di antichi edifici, specialmente romani. Tale propensione trova piena conferma anche all’interno dell’edificio,  magnificato dalla presenza di sei capitelli tutti diversi tra loro (fotografie da 12 a 17 )
{phocagallery view=category|categoryid=33|imageid=370|displaybuttons=1|displaydescription=1|enableswitch=0|type=1}. Prima di addentrarci nello splendore degli arredi interni occorre tuttavia che ci soffermiamo ancora su alcuni veri e propri tesori relativi all’esterno dell’edificio.  A seguito di un restauro avvenuto negli anni ’50 sono state rinvenute nel pavimento dell’esonartece due tombe medievali, attualmente visibili in quanto protette da spesse lastre di vetro (fotografie 18 e 19) {phocagallery view=category|categoryid=45|imageid=400|displaybuttons=1|displaydescription=1|enableswitch=0|type=1}.I resti in esse custoditi sono stati invece trasferiti nell’ossario situato nella parte sinistra della chiesa, vicino all’ingresso.
Sempre all’esterno, sul lato sud-sud-ovest dell’antico edificio, nel vertice alto è visibile un concio in arenaria  che riproduce una figura antropomorfa: si tratta di un uomo trigambato, comunemente denominato trescambas, che negli antichi riti pagani praticati durante il periodo bizantino rappresentava la fecondità. Un altro particolare esterno che colpisce l’occhio del visitatore è rappresentato dal portale di ingresso, architravato e sormontato da una lunetta semicircolare, alla base della quale risaltano due protomi raffiguranti, rispettivamente, una testa di bue a sinistra e una testa d’ariete a destra. Nella mensola che ospita quest’ultima sono visibili i segni dell’erosione causati dal trascinamento della corda utilizzata per suonare l’unica campana del tempio romanico, sulla quale è riportata l’iscrizione: “Chiesa di S. Giuliano –Oratorio del rosario  - Selargius – Vicario parrocchiale Raffaele Soro – Anno 1850”.  Non appena ci si addentra nella chiesa, sulla sinistra è possibile scorgere una teca in vetro –   foto N°20 {phocagallery view=category|categoryid=52|imageid=409|displaybuttons=1|displaydescription=1|enableswitch=0|type=1}- nella quale sono gelosamente custodite le promesse scambiate dagli sposi durante la celebrazione dell’Antico Sposalizio Selargino, denominato in sardo “Sa coia antica”. La deliziosa chiesetta di San Giuliano ospita infatti ogni anno, la seconda domenica di settembre, la suggestiva cerimonia della Promissa, durante la quale gli sposi vergano su una pergamena una promessa di amore reciproco che verrà custodita per ben 25 anni. L’interno del tempio romanico – fotografia N°21 {phocagallery view=category|categoryid=53|imageid=410|displaybuttons=1|displaydescription=1|enableswitch=0|type=1}, a tre navate coperte con travature di legno e incannucciato –fotografia N°22 {phocagallery view=category|categoryid=54|imageid=411|type=1} -, si conclude con un’abside a pianta semicircolare ( fotografia N°23 ) {phocagallery view=category|categoryid=55|imageid=412|type=1}. Le due serie di archi – fotografia N° 24 {phocagallery view=category|categoryid=56|imageid=413|type=1}- che separano le navate interne poggiano su colonne completamente diverse sia per materiali che per elementi compositivi, rispecchiando le tendenze di gusto romanico del tempo, orientato verso le asimmetrie e le forme imprecise. Nello specifico due colonne sono in granito sardo, due in calcare cagliaritano e le altre due in marmo venato continentale e montano sei capitelli, uno diverso dall’altro. Questi ultimi sono tutti corinzi, ad eccezione di quello centrale situato sulla destra che è, in realtà, la base di una colonna capovolta.

Se a tutt’oggi i visitatori possono ammirare non solo le armoniose proporzioni architettoniche di S. Giuliano, ma anche lo splendore dei suoi elementi d’arredo, il merito è senz’altro della Confraternita della Vergine Santissima del Rosario, che da secoli custodisce e salvaguarda questo tesoro con grande spirito di abnegazione. Pur non essendo a conoscenza della data precisa di istituzione di questa pia associazione, possiamo senz’altro affermare che essa cade tra il 1580 ed il 1604, quando già i documenti citavano i suoi obrieri. Questi ultimi venivano eletti annualmente ed avevano l’incarico di reperire i fondi necessari per organizzare le feste e addobbare la chiesa. In seguito, alla figura dei due obrieri si aggiunsero altre cariche, ciascuna delle quali svolgeva compiti ben precisi: il Priore, il Maggiorale 1° e 2°, l’Andatore, il Clavario. Nel corso degli anni la Confraternita del Rosario si è fatta talmente apprezzare dai Selargini, non solo per essersi occupata della manutenzione della chiesa di S. Giuliano, ma anche per le sue numerose attività in favore dei poveri, degli orfani e delle famiglie in difficoltà, da ricevere numerosi lasciti testamentari, soprattutto nel passato. Altre entrate derivavano dalle processioni, dagli accompagnamenti funebri e dalle elemosine mensili, le cosiddette llegas.

Vanno anche menzionati i diversi interventi di restauro e manutenzione promossi dall’Amministrazione comunale, che alla valorizzazione della Chiesa hanno sempre prestato particolare attenzione e dedicato rilevanti risorse economiche.

Passando ad esaminare gli arredi interni, non si può che rimanere rapiti dalla dolcezza espressiva della Vergine de s’Incresciu –fotografie N° 25 e 26 {phocagallery view=category|categoryid=47|imageid=402|displaybuttons=1|displaydescription=1|enableswitch=0|type=1}-, ossia della Purificazione. Il simulacro ligneo della Vergine col Bambino raffigura la Madonna in piedi  in posizione statica mentre regge nella mano sinistra il Bambino. Questa scultura, completa nella sua essenzialità, è piuttosto rara nel suo genere, in quanto si presta ad essere rivestita di stoffe, secondo l’uso del tempo, e sulla testa porta una parrucca di capelli veri. Anche se nella foto indossa le vesti cerimoniali, i suoi indumenti  originali sono costituiti da una sottana rossa a fiorami dorati ed un corpetto arancio con lo scollo rotondo. Ulteriore peculiarità della Vergine de s’Incresciu  è rappresentata dal fatto che sia interamente scolpita, a differenza delle successive statue-manichino.

Un’altra preziosa opera d’arte custodita nel tempio è il crocifisso ligneo – fotografia N° 31 {phocagallery view=category|categoryid=57|imageid=414|type=1}- databile al XVI-XVII secolo. Quantunque l’autore sia ignoto, dall’impostazione dell’opera si ritiene di poterne ascrivere la paternità ad un artista  sardo-spagnolo.  Il Cristo in croce è rappresentato col capo reclinato sull’omero destro, secondo la tradizione del Cristo doloroso gotico; dalla ferita del costato e dalle ginocchia sgorga copiosamente sangue. L’anatomia del Cristo, seppure alquanto semplificata, risulta corretta; la grossa testa è caratterizzata da una fisionomia che pare quasi orientale, con occhi a mandorla e zigomi alti.

Naturalmente nella chiesa ad Esso intitolata non poteva certo mancare una scultura di San Giuliano. Il simulacro ligneo – fotografie da 27 a 30 {phocagallery view=category|categoryid=49|imageid=404|displaybuttons=1|displaydescription=1|enableswitch=0|type=1}- rappresenta il Santo a cavallo, nelle vesti di soldato romano, con armatura loricata e manto purpureo con bordatura dorata sulle spalle; tra le dita della mano sinistra regge un uccellino. Secondo il libro storico parrocchiale l’opera ottocentesca sarebbe attribuibile allo scultore cagliaritano Efisio Atzeni.

Degna di nota è anche l’acquasantiera marmorea che accoglie i fedeli all’ingresso e riporta il nome del committente dell’opera, Antiogo Saxia, e la data 1664. Il meraviglioso catino marmoreo reca infatti la scritta, in tarda lingua catalana, “Don Alonso Carro Canonge I Antiogo Saxia Procurador Ɨ 1664”.

Un tempo la chiesa di San Giuliano ospitava nell’altare un pregevole dipinto del pittore fiorentino Michele Medici datato 1785, attualmente custodito nell’adiacente spazio espositivo di Casa Collu in attesa di nuova collocazione. Le dimesioni e la forma del dipinto, cuspidato superiormente, avvalorano la tesi che l’opera sia stata realizzata ad hoc per la parete di fondo della chiesa, in modo da costituire un fondale pittorico all’altare. Originariamente l’opera ospitava entro una nicchia ubicata al centro la statua di S. Giuliano. La grande tela, di impostazione barocca, raffigura la Vergine col Bambino tra gli angeli che porge il rosario a S. Giuliano e a S. Domenico, rispettivamente a cavallo e inginocchiato sulle nuvole. In basso sono raffigurati quattro confratelli inginocchiati che pregano ai lati dello spazio che un tempo accoglieva la statua del Santo: essi indossano il saio bianco con mantelletta nera e cappuccio bianco appartenente alla Confraternita ed assistono devotamente alla scena.

 

 

APPROFONDIMENTI:

Per approfondimenti sulla Chiesa di San Giuliano è possibile consultare i seguenti testi, disponibili nella Biblioteca Comunale di Selargius, sita in via Gallus 2 – Piazza Si’ e Boi -  Tel. 070/842643 – Fax 070/8488140:

  • “Santu Giulianu in Selargius”; Autore: Gianni Orrù; APE Sardinia;
  • “Selagius, l’antica Kellarious”; Autore: Gino Camboni; Amilcare Pizzi Editore;
  • “Ceraxus: identità, memoria e progetto”; Autore: Efisio Cordeddu; Edizioni Grafica del Parteolla;
  • “La Chiesa di San Giuliano a Selargius, XIII sec”; Edizione a cura del Lions Club di Selargius, col patrocinio del Comune di Selargius e dell’Assessorato della Pubblica Istruzione.

 

 

(A cura dell’Ufficio Stampa del Comune di Selargius, che ringrazia la Confraternita della Vergine SS. del Rosario e la Pro Loco per la preziosa collaborazione).